Laicità tra memoria del Card. Carlo Maria Martini e linguaggio

05.09.2012 08:30

La settimana scorsa è morto il Card. Carlo Maria Martini, già Arcivescovo di Milano, uomo aperto al dialogo che ha lasciato una serie di spunti sui quali la Chiesa sarà chiamata a confrontarsi e a pronunciarsi. Questi spunti li ha lasciati in realtà a tutti, anche a coloro che non si sentono parte integrante della Chiesa. Ne è nata subito una polemica proprio dai media e da persone di cultura di una certa estrazione politica (basta leggere i giornali e si capisce a chi mi riferisco). Io ho voluto rispondere su un blog a quanto proposto dalla sua autrice dove appunto con parole sue affermava inoltre che la Chiesa tenterà di accapparrarsi la figura e la memoria del Cardinale. Le facevo notare che a mio parere nessuno dovrebbe fare un'operazione del genere ma che tanto per iniziare erano stati certi ambienti contrapposti alla Chiesa a fare i primi passi in tal senso. La risposta della giornalista, unica ricevuta in tanti anni di partecipazione ai blog, era imperniata sulla laicità del Card. Martini che lei contrappone al confessionalismo. Qui mi sono chiesto: ma che signidicato si dà alle parole? E' vero che nell'uso corrente si pone in contraddizione il "laico" con il "credente" ma non è un'operazione del tutto corretta. Ora il termine laico, di derivazione greca, venne usato la prima volta nnel medioevo e stava ad indicare coloro che non appartenevano al clero. Secondo l'uso moderno si tende a contrapporre atei e afnostici ai credenti e ricomprenderli sotto questo termine. In ogni caso, sia nel primo caso che nel secondo il Card. Martini non era un "laico" e comunque laico non è il contrario di confessionalismo. La cosa poi non è un mero fatto etimologico ma un più vasto tentativo di inculturazione dove ci si appropria di un linguaggio e si manipolano i significati delle parole per svuotarle del loro valore originario. Mi piacerebbe si facesse un uso più corretto dei termini perchè la confusione crea sempre divisione. Ben chiaro che si può sbagliare in buona fede ma allora basterà riconoscerlo e scusarsi, sperando di non aver provocato troppi guai.